POM POKO
Pom Poko (平成狸合戦ぽんぽこ, Heisei tanuki gassen Ponpoko) è un lungometraggio d’animazione del 1994 scritto e diretto da Isao Takahata, cofondatore, insieme a Hayao Miyazaki, dello Studio Ghibli.
Il bizzarro titolo scelto dal regista è la combinazione di due onomatopee, “pom” e “poko”, che, secondo la tradizione, corrispondono al suono emesso dai tanuki quando si colpiscono la pancia, come se fosse tamburo.
Questa scelta preannuncia chi siano i protagonisti della pellicola: i tanuki, cani-procione del mondo immaginario del folklore giapponese, dei quali scopriamo le spiritose peculiarità man mano che la storia prosegue.
Una voce fuori campo, stile documentarista, narra le vicende: nel 1967, sulle colline di Tama, nei pressi di Tokyo, per venire incontro all’esuberante domanda di abitazioni dovuta al boom economico, viene promosso il progetto ‘Tama New Town’, avanzando così sulla scorta di un avido sviluppo urbano a discapito di terreni agricoli e boschi montani.
“Superficie totale: 3000 ettari circa. Popolazione residente prevista: 300’000 unità. Ogni albero dei boschi montani tagliato, i monti raschiati, i rilievi livellati, le risaie e i campi ricoperti, i casolari di un tempo demoliti. Alterando completamente il profilo montuoso delle colline di Tama, si creò una gigantesca area fabbricabile su cui si disse di edificare un’enorme città dormitorio verde e spaziosa, in un grande piano di sviluppo mai visto prima in tempi antichi o moderni”.
La prima ad accorgersi della gravità della situazione è l’anziana Oroku (soprannominata ‘palla di fuoco’), la quale interrompe uno scontro tra due clan rivali scatenato dalla scarsità di cibo, e volge l’attenzione verso ciò che accade intorno a loro: una buona parte della loro amata collina è stata raschiata via.
Di fronte a questa nuova consapevolezza, i tanuki decidono di organizzarsi per ostacolare lo sviluppo urbano: viene creato un consiglio patriarcale e proposto un piano quinquennale per la rinascita del trasformismo, antica arte caduta in disuso.
Inizia così la lotta per la sopravvivenza grazie ai giovani tanuki che si esercitano nell’arte della trasformazione. Con una strategia volta a richiamare la superstizione giapponese, vengono attuati svariati piani al fine di ostacolare i lavori e a scoraggiarne il prosieguo: i tanuki, infatti, si trasformano assumendo le sembianze di mostri del folklore giapponese.
Ogni piccola vittoria viene festeggiata con canzoni, musiche e balli, coerentemente con lo spirito gioioso dei tanuki.
La ricchezza visiva del film raggiunge il proprio culmine durante ‘la grande strategia degli spettri’ – una grande parata di yokai – lasciando sbalorditi i nuovi abitanti della città. Ma anche quest’ultima strategia si dimostra fallimentare, poiché la grande processione di spiriti viene rivendicata come iniziativa promozionale in vista dell’apertura del parco di divertimenti di Wonderland.
I tanuki, gettati nello sconforto dinanzi all’inevitabile, decidono di compiere un’ultima grande opera di illusionismo, tentando di restituire, seppur per un attimo, il paesaggio che un tempo era loro.
“Sarà il nostro ultimo conforto. Però che senso avrà, ormai, fare una cosa simile? Per svagarci un po’! Se perdessero lo spirito giocherellone, i tanuki non sarebbero più tanuki, no?”
Ed è così che giungiamo alla fine della storia: con il progressivo sviluppo della nuova città portato avanti senza intoppi, i tanuki sono costretti a scegliere tra l’abbandono della loro amata collina e la rinuncia alla propria natura per vivere sotto nuove spoglie in città.
“Proprio così, noi altri capaci di metamorfosi alla fine, così come le volpi, oggigiorno tiriamo avanti vivendo come umani. Io sono un impiegato, mia moglie Kiyo lavora in uno snackbar […] Ma i più, non riuscendo a reggere allo stress, si rovinano la salute e sognano di tornare in montagna. Diamine, però ammiro gli umani, come riescono a sopportarla, una vita come questa?”
Pom Poko si dimostra un’opera acuta e stratificata, che, sotto l’apparente leggerezza di una narrazione animata, nasconde una profonda riflessione sull’impronta che l’uomo imprime sul mondo che lo circonda.
L’epilogo dolceamaro ci esorta ad osservare con rinnovata consapevolezza la realtà urbana in cui viviamo, spingendoci a domandarci se anche noi, come i tanuki, siamo stati costretti a travestirci come abitanti della città, rinunciando alla nostra natura per sopravvivere all’interno di un mondo che rincorre senza tregua un irrefrenabile desiderio di progresso.
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La questione ecologista trova ampia risonanza nella produzione cinematografica dello Studio Ghibli, fondato nel 1985 da Isao Takahata e Hayao Miyazaki; per citare altre opere: Nausicaä della Valle del vento, La principessa Mononoke.
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Produttore: Studio Ghibli
Sceneggiatura: Isao Takahata
Musica: Shang Shang Typhoon (band)
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(POM POKO, Isao Takahata,
Studio Ghibli, 1994)
A cura di Meri Jakova